Edith Bruck, Il pane perduto e la scrittura


Edith Bruck Il pane perduto libro

Io abolirei la parola “patria”, come tante atre parole: “mio”, “zitto”, “obbedisci”, “la legge è uguale per tutti”, “nazionalismo”, “razzismo”, “guerra” e quasi anche la parola “amore”, privata della sua sostanza.

Edith Bruck, Il pane perduto

Il pane perduto di Edith Bruck è uno dei più bei regali che mi sono fatto.

Difficile scrivere qualcosa che possa far solo immaginare quello che si prova mentre lo si legge. Centoventisei pagine di emozioni.

È la storia di una bambina con le treccine bionde che ama correre scalza nel paese di Sei Case in Ungheria. Una bambina piena di curiosità che corre a casa per far vedere alla mamma una cartolina con una dedica sul retro: “Alla mia alunna più brava, più meritevole” firmato Tarpai Klara, l’insegnante.

Questa bambina diventa adulta all’improvviso quando due gendarmi compaiono sull’uscio di casa e obbligano lei e tutta la sua famiglia a seguirli con grida e imprecazioni. Il pane, fatto con la farina donata dalla vicina di casa, lasciato a lievitare, rimane nella casa vuota.

Questo è l’ultimo ricordo della sua infanzia.

Mamma e papà sono invecchiati di colpo a quarantotto anni. E noi figli di colpo eravamo già genitori dei nostri genitori.

Edith Bruck, Il pane perduto

L’unica colpa di quella bambina e della sua famiglia è quella di essere ebrei. Prima il ghetto, poi Auschwitz, dove moriranno la madre, il padre e il fratellino Jonas. Lei sopravvive, appena tredicenne, alle privazioni, torture, fame, malattie, insieme alla sorella Judit, che le fa da madre.

Erano passati tre mesi o tre anni? Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto si moriva: chi per la selezione, chi all’appello, chi per la fame, chi per malattie.

Edith Bruck, Il pane perduto

Sarà liberata a 14 anni. Da qui inizia la ricerca di una casa e di una vita.  

Inizia un viaggio alla ricerca di se stessa passando per l’Ungheria, Israele, Atene, Istanbul fino ad approdare in Italia.

Forse è colpa mia, non mi trovo più bene da nessuna parte, non mi piace il mondo e non posso cambiarlo.

Edith Bruck, Il pane perduto

Ma Il pane perduto non è solo la storia di una vita dolorosa. È la storia della grande passione di Edith Bruck, la scrittura.

Fin da piccola nel suo villaggio sperduto ama scrivere. La scrittura l’ha salvata.

L’ha salvata quando i suoi fratelli ed il mondo intero sono rimasti indifferenti di fronte alla tragedia dei lager che aveva vissuto.

Scrive per necessità, per respirare.

“Mi lasci sola per un pianoforte? Puoi scrivere ovunque”

“Io non so scrivere in ebraico come te, solo in ungherese”

“Imparerai”

“Quando? Io ho bisogno di scrivere adesso”

“Per dimagrire?

“Per necessità, per respirare.”

Edith Bruck, Il pane perduto
Edith Bruck scrittrice, Il pane perduto

È la storia di una scrittrice, di un’amante della vita, della poesia e dei libri.

Edith Bruck fa molti lavori per mantenersi. Si prende un diploma di cameriera professionale per poi trovare lavoro in un grande ristorante ad Haifa. In seguito fa la ballerina ed inizia a viaggiare.

Dopo ogni spettacolo la sera prende in mano la matita e scrive.

Volevo fare di tutto e fino ad allora avevo fatto soltanto quello che potevo e non l’unica cosa che volevo: scrivere… un libro, un diario, ma non avevo più preso la matita in mano… da quando non scrivevo?

Edith Bruck, Il pane perduto

Atene, Istanbul, Zurigo: sempre la scrittura ad accompagnarla. Poi l’Italia, Napoli, il sole e il mare.

Finalmente ripresi in mano il mio quadernetto, che avevo abbandonato, e ho iniziato a scrivere in italiano, così: “Sono nata in un piccolo villaggio ungherese…”

Edith Bruck, Il pane perduto

In fine Roma, prima, nell’appartamentino di via Vaina 8 e poi la stanza immobiliata a due passi da Piazza di Spagna, al prezzo di sedicimila lire al mese più duecento lire extra per la doccia.

La sera, da sola, nel silenzio, sotto la lampadina centrale, scriveva finché non veniva interrotta dalla padrona di casa Ida che la sgridava. Le ricordava che doveva mangiare e uscire.

“Lei è una bella signorina, esca, si faccia vedere in giro, che magari le faranno fare l’attrice. Che sta lì a scrivere, ad accecarsi”

Edith Bruck, Il pane perduto

A Roma inizia a lavorare in un’istituto di bellezza in via dei Condotti perchè sapeva parlare molte lingue. Il lavoro le occupa tutti i giorni, tranne la domenica. Ogni domenica torna alla sua passione: la scrittura.

I libri sono stati la sua salvezza. I suoi figli.

“Tu hai i libri, ma non hai figli” mi diceva mia sorella Judit a ogni sua visita a Roma, come se, a confronto dei suoi figli, i libri non fossero niente.

“Anche i libri sono figli” rispondevo, prevedendo il suo sguardo che diceva “poverina”

Edith Bruck, Il pane perduto

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Chi è Edith Bruck?

Edith Bruck

Edith Bruck nasce a Tiszabercel, in Ungheria il 3 maggio 1931. E’ nata in una famiglia ebrea e sin da bambina ha avuto modo di conoscere l’ostilità e le discriminazioni. Nel 1944, a soli tredici anni, è stata deportata nel campo di sterminio di Auschwitz e poi successivamente trasportata in altri campi: Kaufering, Landsberg, Dachau e Bergen-Bielsen. Proprio in quest’ultimo campo di contentamento venne liberata, insieme alla sorella, nell’aprile del 1945.

Dopo aver fatto ritorno in Ungheria si sposta prima in Cecoslovacchia e successivamente in Israele. In Israele, onde evitare il servizio militare, si sposa e prende il cognome ‘Bruck’ ( Il suo cognome da nubile è Steinscheriber). Nel 1954 decide di trasferirsi in Italia.

Edit Bruck esordisce, nelle vesti di scrittrice, nel 1959 con l’opera ‘Chi ti ama così’.
In ordine di tempo, alcune sue opere sono state: ‘Andremo in città’, ‘E’ Natale, vado a vedere’, ‘Le sacre nozze’, ‘Due stanze vuote’, ‘Transit’, ‘Mio splendido disastro’, ‘Signora Auschwitz’, ‘L’amore offeso’, ‘Lettera da Francoforte’ e ‘Il pane perduto’.

Edith Bruck, nel novembre 2018, ha ricevuto la laurea ad honorem in ‘Informazione, Editoria e Giornalismo’ dall’Università di Roma Tre. Nel 2019, invece, ha ricevuto lo stesso trattamento presso l’Università di Macerata, dove le viene consegnata la laurea ad honorem in Filologia Moderna.

Il 29 aprile 2021 le è stata conferita l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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4 commenti
  1. Alice
    Alice dice:

    Complimenti per la recensione, ecco un altro libro da aggiungere alla lista. Quando leggo o sento biografie di questo calibro mi sento veramente piccola e cerco di immaginare quanta forza debba avere quella persona e mi chiedo come possa contenerla…eppure non so se fosse peggiore il mondo dei nostri nonni o il nostro.

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    • stefano
      stefano dice:

      grazie Alice. Si è un libro che fa venire i brividi. Un’emozione dopo l’altra.
      Io penso che il mondo dei nostri nonni è stato di gran lunga peggiore. La guerra e la povertà non sappiamo nemmeno cosa significano.

      Rispondi
      • Alice
        Alice dice:

        Ho appena terminato la lettura del “il pane perduto”. Quando racconta dei suoi incontri dopo la liberazione…non so come spiegarlo, l’emozione che più si avvicina è incredulità…non si può commentare una situazione del genere.
        Per una donna è anche un ottimo esempio di forza… rifiutare determinate situazioni non è da tutti, come anche resistere alle richieste di una sorella, che pur avendo tutte le ragioni di volerla con se, le impedirebbe di trovare la libertà di cui a bisogno. Inoltre è la prima testimonianza che leggo che parla della vita dopo la deposizione, trauma non meno potente delle violenze fisiche.
        Una testimonianza che mette luce su come sia facile cadere nell’indottrinamento se non si ha la prontezza e la capacità di guardare oltre le parole e ragionare con la propria testa.

        Rispondi

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