José Arcadio Buendía, Lorenzo Cherubini e Cent’anni di solitudine
José Arcadio Buendía porta un cappello grande e nero e un panciotto di velluto. Ha pochi denti perché lo scorbuto glieli ha strappati via. Seduto davanti a lui Lorenzo. Ha una camicia a fiori e pantaloni neri larghi. Entrambi hanno la barba lunga.
Lorenzo Cherubini: Finalmente ci conosciamo, non sai da quanto tempo aspettavo questo momento?
José Arcadio Buendía: Ah! Quante volte hai riletto queste frasi? Muchos años después, frente al pelotón de fusilamiento, el coronel Aureliano Buendía había de recordar aquella tarde remota en que su padre lo llevó a conocer el hielo. Macondo era entonces una aldea de veinte casas de barro y cañabrava…
Lorenzo Cherubini: Eh si, ma sai che ho proprio la prima edizione di questo libro incredibile.. Cien años de soledad. Ho tante domande che vorrei farti ma mi sembrano tutte stupide…
José Arcadio Buendía: sono abituato rovesciare un cavallo prendendolo per le orecchie e a parlare da solo, figurati se ho problemi a risponderti
Lorenzo Cherubini: José, Cosa significa per te viaggiare?
José Arcadio Buendía: Quando sono partito da Riohacha non sapevo dove sarei andato. Mia moglie Ursula portò con sé il baule con il corredo nuziale, qualche utensile domestico e il confanetto con le monete d’oro che aveva ereditato da suo padre. Non avevamo un itinerario. Dopo quattordici mesi mia moglie diede alla vita mio figlio. Forse cercavamo il mare, ma non lo trovammo mai. Poi una notte ci siamo fermati in riva al fiume. Ho fatto un sogno. Sognai che propio lì vicino al fiume sorgeva un città rumorosa piena di case con pareti di specchio. Chiesi come si chiamava quella città. Mi risposero Macondo.
Proprio lì decisi di fondare Macondo. Viaggiare è vita. Puoi passare tutta la vita a cercare il mare senza mai trovarlo.
Viaggiare significa conoscere. All’estremità meridionale dell’Africa puoi trovare uomini così intelligenti e pacifici che la loro unica occupazione è quella di sedersi a pensare. È possibile attraversare a piedi il mar Egeo saltando da isola a isola fino al porto di Salonicco.
E tu Lorenzo cosa hai imparato dai tuoi viaggi?
Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare, darsi tempo, stare seduti in una casa da tè ad osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare.
Tiziano Terzani
Lorenzo Cherubini: Sai José nel 2017 sono partito da solo con la mia bici. Ho pedalato per 20 giorni, ho fatto 3mila chilometri, con un dislivello di 12mila metri. Un bel giro attraverso la ‘Nuova Zelanda’. Ho portato con me un piccolo oggetto una go pro con una piccola schedina SD e poi ho trasformato tutte le mie riprese in un film.
Nel 2020 ho fatto un altro viaggio in bicicletta di 4.000 km tra Cile e Argentina, sempre solo io, la mia bici e la mia gopro. Di nuovo un altro film Non voglio cambiare pianeta che poi è un verso del poeta cileno Pablo Neruda.
Quando si viaggia si sperimenta in maniera molto più concreta l’atto della Rinascita. Ci si trova dinanzi a situazioni del tutto nuove, il giorno trascorre più lentamente e, nella maggior parte dei casi, non si comprende la lingua che parlano gli altri. È proprio quello che accade a un bambino appena nato dal ventre materno.
Paulo Coelho
José Arcadio Buendía: E cosa ti rimane? Cosa hai imparato?
Lorenzo Cherubini: Mi rimane l’azzurro del cielo, il sorriso delle persone che ho incontrato, il rumore e l’odore del vento, il dolore alle gambe alla sera e la voglia di ripartire al mattino. Mi ricordo anche tanti chilometri fatti con il vento contrario. Dopo una giornata passata a pedalare, mi chiedevo, ma perché faccio queste cose? A me sembra di non sapere mai nulla, di non arrivare a capire il senso…
Sai José, io faccio il cantante, mi piace scrivere le canzoni e le provo tutte. I viaggi sono il mio carburante. Mi aiutano a ripartire sempre da una prospettiva diversa. E la fatica fisica mi aiuta a non scrivere, a non pensare alle canzoni, a fermarmi.
Basta parlare, io parlo troppo… Mi racconti la tua scoperta più incredibile che hai fatto durante un viaggio?
Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.
John Steinbeck, Travels with Charley: In Search of America
José Arcadio Buendía: Dopo aver fondato Macondo, mi riprese voglia di viaggiare. Volevo andare a nord. Buttai in uno zaino i miei strumenti di orientamento e le mie mappe, e partii per la temeraria avventura. Vennero con me gli stessi uomini che mi seguirono quando fondammmo Macondo. Portammo utensili per disboscare e armi da caccia. Entrammo nel bosco.
Alla fine della prima settimana catturammo un cervo. Ne mangiammo metà e salammo l’altra metà. Per dieci giorni non vedemmo più il sole. Non potevamo ritornare, perché il sentiero che andavamo aprendo al nostro passaggio tornava a chiudersi in poco tempo, con una vegetazione nuova che vedevamo crescere quasi sotto i nostri occhi.
Seguivamo l’indicazione del nord sulla mia bussola. Dopo due settimane, appendemmo le amache e dormimmo. Quando ci svegliammo, già col sole alto, rimanemmo stupefatti. Davanti a noi, circondato da felci e palme, bianco e polveroso nella silenziosa luce del mattino, c’era un enorme galeone spagnolo. Il mare era vicino.
Fu uno scherzo del destino. Avevo cercato il mare per tanto tempo senza mai trovarlo e ora che non lo stavo più cercando ero arrivato proprio nei suoi pressi. Dopo altri quattro giorni di cammino, a dodici chilometri dal galeone trovammo il mare.
L’altro scherzo che mi fece il destino fu proprio il mare. Avevo rischiato tutto per cercare il mare ed ora eccolo lì davanti ai miei occhi color cenere, schiumoso e sudicio.
Quello che mi aveva regalato il mare era la sua ricerca.
Una volta tornato a casa a Macondo mi ero messo in testa di ripartire ma mia moglie Ursula mi fece ragionare.
Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda.
Italo Calvino
Lorenzo Cherubini: Cosa mi dici di tua moglie Ursula?
José Arcadio Buendía: Ursula è la terra e la vita. Attiva, precisa, seria, una donna dai nervi saldissimi. Grazie a lei le vecchie cassapanche esalavano un tiepido odore di basilico. Ursula mi aggiusta la barba con un coltello da cucina.
Mi ha aiutato a riportarmi sulla terra. Ricordo bene quando mi disse: <<Invece di continuare a pensare alle tue strambe manie di novità, devi occuparti dei tuoi figli. Guardali, abbandonati alla pietà di Dio, tali e quali agli asini>>. Mi ha sempre fatto capire quanto sono stato fortunato ad avere dei figli meravigliosi José, Aureliano, Amaranta e Rebeca.
Ursula è la saggezza. Ha sempre trovato la strada che io non ho trovato mentre ero alla ricerca delle grandi invenzioni.
Lorenzo Cherubini: Cosa ti è successo ad un certo punto? Hai costruito tu Macondo e poi ad un certo punto è scomparso il tuo spirito di iniziativa sociale. Ti sei messo studiare e ti sei dedicato alle scoperte del mondo.
José Arcadio Buendía: Vedo che sai tutto di me Lorenzo. Si, ad un certo punto mi sono sentito vuoto. Avevo il bisogno di capire, di studiare, di scrivere. Ti è mai capitato?
Lorenzo Cherubini: A me capita tutti i giorni e tutti i giorni mia moglie Francesca mi riporta sulla terra. José siamo proprio uguali.
José Arcadio Buendía: Non è stato l’incontro con gli zingari e con Melquíades. Sono stato io a cambiare. Ho iniziato a pensare a quante meraviglie ci sono al mondo e quante grandi invenzioni possono essere scoperte. Sono stato travolto dalla febbre della calamita, dal ghiacchio, dai metalli e dall’oro, dal cannocchiale e dai calcoli astronomici. Ho pensato e ho scritto molto nel mio stanzino, tutto ricoperto di mappe e di grafici.
La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso.
Albert Einstein
Ad un certo punto ho perso di vista la mia famiglia e miei figli. Stavano crescendo ma io ero troppo impegnato con i miei esperimenti. Non so cosa stavo cercando ma sento che dovevo trovare un senso, dovevo trovare qualcosa di più.
Sono ossessionato dalla ricerca. So anche che un giorno mi legheranno ad un castagno perché le mie ossessioni prenderanno il sopravvento. Ma devo continuare a cercare.
Lorenzo e José si abbracciano con le lacrime agli occhi. Volevano che quella chiacchierata non finisse mai ma il tempo stava per scadere. Dovevano salutarsi.
Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.
Socrate
Puoi seguirmi qui
Chi è José Arcadio Buendía?
José Arcadio Buendía è il capostipite della famiglia Buendía e fondatore di Macondo. È uno dei protagonisti del capolavoro del premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez Cent’anni di solitudine (Cien años de soledad). È tra le opere più significative della letteratura del Novecento.
Nato a Riohacha, in gioventù convola a nozze con Ursula Iguarán, nonostante i due siano cugini primi. Rimasta impressionata dal racconto di una sua zia che si sposò anch’ella con un consanguineo, generando poi un figlio con la coda di maiale, per quanto José Arcadio le risponda “non mi importa di mettere al mondo dei porcelli, purché possano parlare”.
Le resistenze della moglie alimentano pettegolezzi sulla coppia fino al tragico giorno in cui José Arcadio vince un combattimento di galli contro Prudencio Aguilar. Quest’ultimo, furioso per la sconfitta, insulta pesantemente l’avversario, mettendone in dubbio la capacità sessuale e José Arcadio lo uccide trapassandogli la gola con una lancia. Nei mesi seguenti, il fantasma di Prudencio arriva a esasperare i due con le sue apparizioni, tanto che José Arcadio, spinto dal rimorso e dalla volontà di dare al fantasma un po’ di pace, decide di andar via da Riohacha. Sotterrata la lancia e sgozzati i suoi galli, José, seguito da Ursula, allora incinta, e da 21 giovani loro amici, lascia il villaggio senza una meta precisa.
Chi è Lorenzo Cherubini?
Lorenzo Cherubini nasce a Roma il 27 settembre 1966. Lorenzo è tante cose: artista, cantante, amante della musica, DJ, scrittore e grande comunicatore. E’ uno degli artisti più conosciuti al mondo. Una straordinaria carriera fatta di album e concerti da record.
Scoperto da Claudio Cecchetto, inizia a lavorare negli anni Ottanta come presentatore a Deejay Television e come Disc jockey a Radio Deejay. Sceglie come pseudonimo Joe Vanotti, che un errore tipografico trasforma in Jovanotti.
Ha sposato a Cortona la fidanzata Francesca Valiani. I due hanno una figlia, Teresa Lucia, nata il 13 dicembre 1998.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!