Story: l’arte di scrivere storie


l'arte di scrivere storie Story Robert Mckee

La storia non è una fuga dalla realtà, ma un veicolo che ci conduce nella nostra ricerca della realtà.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

Non è stato un libro facile, ci ho messo un po’ a leggerlo. Nonostante questo, ho imparato un sacco di cose su cosa significa scrivere una storia e anche sul lavoro di sceneggiatore.

Tutti i consigli di Robert McKee sono rivolti principalmente a chi vuole imparare il mestiere dello sceneggiatore ma non solo. Sono anche molto utili a chiunque voglia raccontare una storia oppure voglia scrivere un romanzo oppure una storia breve.

Una cosa che mi è piaciuta del libro è che, dopo averlo letto, ti sembra di esserti sporcato le mani con il vero lavoro dello sceneggiatore. Prima di leggere questo libro non avevo la più pallida idea di quanto fosse difficile ed impegnativo scrivere una storia per un film.

Un’altra cosa che mi è piaciuta è la lunga serie di esempi pratici contenuti nel libro. Tante scene e storie tratte da film noti scomposte ed analizzate tipo analisi logica o grammaticale.

In alcuni tratti può risultare ripetitivo o prolisso ma contiene un sacco di chicche utili e di spunti su cui riflettere e vorrei condividere proprio qui con voi i miei appunti e le mie riflessioni.

Cos’è una storia?

  • Una storia non è la vita vissuta: una storia si può ispirare ad un fatto reale ma non può essere la trascrizione esatta del fatto reale. In questo modo si annioerebbero tutti. La verità non è mai fatta dalla descrizione dei fatti ma da quello che c’è sotto la realtà che può essere vista dall’esterno. In genere abbiamo la percezione che più è accurata la descrizione dei fatti quotidiani e più una storia è vera. Non è così.
  • La storia è una metafora della vita. “Di conseguenza una storia deve astrarsi abbastanza dalla vita per scoprire le essenze, senza però diventare un’astrazione che perda il sapore della vita vissuta.”
  • Ciò che avviene è un fatto, non la verità. La verità è quello che noi pensiamo di quanto accade.
  • Una storia è una buona storia quando siamo convinti che la nostra visione delle cose possa esprimersi attraverso la storia
  • Una storia è una buona storia quando ci fa immedesimare con i personaggi
  • Una storia è una buona storia quando i personaggi sono più veri della gente stessa.

Un fatto, per quanto minutamente osservato, è una verità con la “v” minuscola. La verità con la “V” maiuscola è situata dietro, oltre, dentro, sotto la superificie delle cose.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

Gli elementi di una storia

Le parti di una struttura

  • Struttura: è una selezione di eventi tratti dalle storie esistenziali dei personaggi, sistemati in un ordine scelto per causare precise emozioni ed esprimere una precisa visione della vita.
  • Evento: significa cambiamento. Un evento crea un cambiamento significativo che viene espresso e vissuto nei termini di un valore (corraggio/viltà, lealtà/tradimento, verità/bugia ecc.). Ogni cambiamento viene espresso e vissuto in termine di valore ed ottenuto attraverso il conflitto.
  • Scena: è un’azione che avviene attraverso il conflitto e che modifica, a livello di valori, la condizione esistenziale di un personaggio. Idealmente ogni scena è un evento della storia. Non esiste una scena senza una svolta.
  • Sequenza: è una serie di scene che culmina con un impatto maggiore di quello di qualsiasi scena precedente.
    • Esempio: Scena 1: sfiducia in sé – fiducia in sé. Scena 2: morte – vita. Scena 3: disastro socuale – trionfo sociale. Ma le tre scene formano una sequenza con il valore ad esempio lavoro.
  • Atto: una serie di sequenze che culmina in una scena saliente, la quale determina una fondamentale inversione di valori il cui impatto è più potente di qualsiasi altra scena o sequenza precdente.
  • Storia: una serie di atti.

Trama

La trama non è altro che una struttura di eventi, tra loro interconnessi che si snodano nel tempo per configurare e disegnare una storia.

Esistono tre tipologie di trama:

  • Trama classica: storia centrata su un protagonosta attivo che per soddisfare il proprio desiderio lotta contro forze antagoniste, prinicpalmente esterne, fino a un finale chiuso costituito da un cambiamento assoluto e irreversibile.
    • Causalità, Finale chiuso, Tempo lineare, conflitto esterno, protagonista unico, realtà coerente, protagonista attivo
  • Minitrama: una sorta di versione essenziale e minimalista della trama classica.
    • Finale aperto, Conflitto interiore, Protagonisti multipli, Protagonista passivo.
  • Antitrama: ribalta il disegno della trama classica.
    • Coincidenza, tempo non lineare, realtà incoerenti

Nel libro di McKee ci sono tanti esempi di film suddivisi per categoria di trama. Ad esempio Thelma & Louise, Quattro matrimoni ed un funerale sono film con trama calssica. Turista per caso e Tender Mercies – Un tenero ringraziamento sono film con minitrama. Fuori Orario e 8 e 1/2 sono film con antitrama.

Minitrama e antitrama sono nate dalla trama classica. Una la riduce, l’altra la contraddice.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

Ma cosa significa finale chiuso o aperto? protagonista attivo? Tempo lineare? Facciamo un po’ di chiarezza.

  • Finale chiuso: tutte le domande poste dalla storia trovano le risposte.
  • Finale aperto: una storia che lasci senza risposta uno o due quesiti e insodisfatte alcune emozioni
  • Protagonista attivo: persegue la soddisfazione del proprio desiderio e intraprende azioni che sono in conflitto diretto con le persone e con il mondo che lo circondano.
  • Protagonista passivo: è esteriormente inattivo, anche se persegue un desiderio interiore in conflitto con alcuni apsetti della propria natura.
  • Tempo lineare: una storia, con o senza flashback, organizzata in un ordine temporakle di eventi che il pubblico può seguire.
  • Tempo non lineare: una storia che rimbalzi a casaccio nel tempo e confonda a tal punto la continuità temporale che il pubblio non riesce a comprendere cosa succede prima e cosa dopo.
  • Realtà coerenti: ambientazioni narrative che determinano le modalità di interazione fra i personaggi e il loro mondo, e che restano coerenti durante tutta la narrazione per creare un significato.
  • Realtà incoerenti: abientazioni che abbinano le modalità di interazione in modo tale che gli episodi della storia balzino incoerentemente da una realtà all’altra, creando così un senso di assurdità.

Una cosa che mi colpito è il consiglio di Robert Mckee per gli aspiranti scrittori di storie.

Quando sia inzia a scrivere le storie, un romanzo o una sceneggiatura, la tentazione forte è quella di voler creare qualcosa di strano e nuovo, infatti pensiamo all’antitrama. Ma ci siamo chiesti come mai la trama classica è quella che funziona di più?

Perché la maggior parte degli esseri umani non è nemmeno in grado di riconoscere le realtà incoerenti dell’antitrama. Inoltre creare una storia avvicente con l’antitrama o con la minitrama è difficile. Bisogna essere molto esperti.

Ci siamo chiesti perché Fellini ha iniziato con il film I Vitelloni e poi più avanti ha girato 8 e 1/2?

Non prendetevi in giro da soli pensando di capire la trama calssica solo perché avete visto dei film. Saprete di averla capita quando la saprete fare.

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Ambientazione

Tutte le storie belle si svolgono all’interno di un mondo limitato e conoscibile.

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La limitazione è vitale. Il primo istinto è quello opposto di lasciarsi aperti un sacco di porte sull’ambientazione, epoca vaga o luogo non definito nei dettagli. Il consiglio di McKee è proprio l’opposto. Ogni bella storia deve muoversi in un mondo “piccolo”, in un ambiente limitato.

Ma come possiamo creare una bella ambientazione? Robert McKee suggerisce tre tecniche:

  1. Memoria: “Cosa mi dice la mia esperierenza personale su ciò che avviene nelle vite dei miei personaggi?”
  2. Immaginazione: “Cosa significherebbe vivere la vita del mio personaggio ora dopo ora, giorno dopo giorno?”
  3. I fatti: Facciamo un giro in biblioteca e cerchiamo i testi dello stesso genere che vogliamo scrivere.

Avete mai sofferto del blocco dello scrittore? Le giornate si trascinano e non si scrive nulla. Pulire il garage sembra un divertimento. Risistemate la scrivania in continuazione finché non pensate di stare impazzendo. Beh io conosco una cura diversa che fare una visita dal vostro psichiatra. È un giro in biblioteca.

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Genere

Altro errore comune che facciamo noi novizi è quello di voler creare qualcosa di diverso fuori dagli schemi. Siamo talmente bravi ed esperti che crediamo di muoverci fuori dallo schema dei generi.

Si non riesco proprio a dirti se ti tratta di un giallo. Il mio primo romanzo è qualcosa di poco catalogabile.. Non lo posso improgionare in un genere!

Quante volte lo abbiamo sentito dire?

Invece le convenzioni dei generi sono per un narratore come lo schema rimato della poesia. Non uccidono la creatività, anzi la ispirano. La sfida è quella di preservare la convenzione evitando il cliché.

Quindi la prima cosa da fare è padroneggiare i vari generi. Questo vale sia per i film e le sceneggiature che per i libri. Facciamoci un bell’elenco dei film da vedere o di libri da leggere suddivisi per genere. Poi chiediamoci: “Cosa succede sempre nelle storie del mio genere? Quali sono le sue convenzioni a livello di tempo, luogo personaggi e azione?”. Finché non avremo queste risposte il pubblico sarà sempre un passo avanti a noi.

Per soddisfare le attese del pubblico dovete padroneggiare il vostro genere e le sue convenzioni.

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Personaggio

Il vero personaggio si rivela attraverso le scelte che un essere umano compie sotto pressione: maggiore è la pressione, maggiore sarà la rivelazione e maggiore la fedeltà delle scelte alla vera natura del personaggio.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

È importante non cadere nella trappola di descrivere il personaggio.

Non stiamo scrivendo la scenaggiatura di un documentario ma una storia. Il pubblico osserva la persona mentre sceglie e ancora meglio se sceglie sotto pressione. Le scelte effettutate quando non c’è nulla da rischiare contano poco. È importate che facciamo trapelare la natura nascosta del personaggio attraverso le sue azioni.

Significato

È la storia a dirvi il suo significato; non siete voi a dettare il significato della storia.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

Il rischio che spesso corriamo è quello di essere didascalici. Sappiamo sin dall’inizio qual è il significato della nostra storia e lo facciamo serpeggiare lungo tutta la storia senza mai cambiare punto di vista. Questo annoierà il nostro pubblico. Cosa fare allora?

Cambiamo punto di vista nel corso della narrazione, vediamo il positivo, il negativo ed ogni possibile sfumatura di ogni scelta.

Ogni racconto che voi create dice al pubblico: “Io credo che la vita sia così”. Ogni momento deve essere riempito di questa vostra appassionata convinzione, altrimenti noi sentiremo puzza di falso.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

Quali sono le parti fondamentali di una storia?

Qual è il cuore di una storia? Come funzionano le storie? In che modo una storia riesce a catturare l’attenzione del pubblico. Robert Mckee dice che una storia è fatta da un protagonista, da un incidente scatenante, una serie di avvenimenti, cambiamenti cioè complicazioni progressive (scene/atti) fino ad arrivare alla Crisi poi al Climax ed in fine alla risoluzione finale.

In sostanza una storia di compone di 5 parti:

  1. Incidente scatenante
  2. Complicazioni progressive
  3. Crisi
  4. Climax
  5. Risoluzione finale

Esiste una ricetta per crerare una storia che cattura? No. Però è importante conoscere le regole del gioco che ha funzionato fino ad ora per provare ad avere qualche buona idea che possa funzionare.

Qualche dettaglio sul Protagonista

  • Il protagonista ha un desiderio consapevole
  • il protagonista può anche avere un desiderio incoscio che contraddice quello conscio
  • il protagonista ha le qualità per perseguire in modo convincente l’oggetto del desiderio
  • il protagonista deve avere almeno una possibilità di soddisfare il proprio desiderio
  • il protagonista ha la volontà e la capacità di perseguire fino in fondo l’oggetto del proprio desiderio, consapevole e/o incosapevole, nei limiti fissati dall’ambientazione e dal genere.
  • il protagonosta deve essere empatico, ma non deve essere necessariamente simpatico.
  • La chiave per conoscere un personaggio è il desiderio.

Una storia funziona quando il pubblico si impersona con il protagonista.

Il dono che ci offre una storia è l’opportunità di vivere altre esistenze oltre alla nostra, di desiderare e lottare in un mondo diverso dal nostro sperimentando tutte le varie profondità della nostra personalità.

Alcuni consigli per creare un buon protagonista

  • Chiediamoci sempre: “Qual è il rischio? Cosa rischia di perdere il protagonista se non ottiene ciò che vuole? Qual è la cosa peggiore che può succedere al protagonista se non riesce a soddisfare il proprio desiderio?” Se queste domande non trovano risposta significa che la storia è stata concepita male.
  • Come facciamo a raggiungere il centro di un personaggio? Domandiamoci: “Se io fossi questo personaggio in queste circostanze, cosa farei?”
  • È importante creare un divario tra le aspettative del pubblico ed il protagonista stesso. Il pubblico si impersona nel protagonista, persegue il suo desiderio e si aspetta che il mondo reagisca nel modo in cui se lo aspetta il personaggio. Quando il protagonista reagisce in modo differente, si crea un divario ed è proprio in questo momento che il pubblico rimane a bocca aperta.
  • È importante mettere a fuoco il desiderio (conscio e inconscio) del protagonista. I protagonisti più apprezzati sono quelli che hanno un desiderio conscio ma anche uno incoscio.
  • Il pubblico è coinvolto emotivamente se:
    • si identifica con il protagonosta (empatia)
    • se crede alla storia (autenticità). L’autenticità dipende dal dettaglio significativo.

1. L’incidente scatenante

All’inizio di una storia il protagonista conduce un’esistenza più o meno equilibrata poi si verifica un evento che sconvolge questo equilibrio: l’incidente scadenante.

L’incidente stenante spinge il protagonista alla ricerca di un desiderio conscio o incoscio per ristabilire l’equilibrio nella propria vita. Quindi l’incidente scatenante prima sconvolge la vita del protagonista e poi stimola in lui il desiderio di ripristinare tale equilibrio. Il pubblico deve subito chiedersi: “Come andrà a finire la cosa?”.

Un incidente scatenante si verifica o per coincidenza o per decisione.

2. Complicazioni Progressive

Le complicazioni progressive non sono altro che tutto ciò che è contenuto tra l’incidente scatenante e la crisi/climax dell’ultimo atto. Tutto progredisce attraverso il conflitto.

Tutte le scene e le complicazioni progressive si basano sul desiderio, l’azione, il conflitto e il cambiamento. Ogni scena deve costituire un vero e proprio punto di svolta.

È fondamenale creare delle aspettative sul pubblico in modo da generare sempre curiosità.

Per ogni scena bisogna chiederci: Quali sono le forze antagoniste che si oppongono a questo desiderio? Va identificato il valore in gioco nella scena, poi annotata la carica positiva o negativa all’inizio della scena, il cambiamento e poi il valore finale (differente da quello inziale).

Nel libro di Mckee ci sono vari esempi di analisi di film come ad esempio Casablanca.

Nella vita i nostri occhi tendono sempre a fermarsi alla superficie. Siamo così consumati dai nostri personali bisogni che raramente riusciamo a fare un passo indietro e a osservare freddamente cosa accade dentro agli esseri umani.

Il narratore ci fornisce il piacere che la vita ci nega, il piacere di stare seduti al buio e di penetrare sotto la superficie della vita per giugnere al nucleo di ciò che si prova e si pensa al di là delle apparenze.

Story, L’arte di scrivere storie – Robert Mckee

3. Crisi

Dopo le prime due fasi (incidente scatenante e complicazioni progressive) arriva la crisi. È la scena obbligatoria della storia, è la scena in cui il protagonista si trova faccia a faccia con le forze antagoniste più potenti, compiendo l’ultimo sforzo per conseguire il suo oggetto del desiderio.

Quante storie e quanti film vi vengono in mette organizzati così? Quasi il 90%. Beh ci sarà un motivo, il motivo è che questo meccanismo piace e funziona.

Una storia deve crescere fino a un’azione finale oltre la quale il pubblico non riesce ad immagginarne un’altra.

4. Climax

Il climax è il ribaltamento finale che ci trasmette il significato del cambiamento avvenuto nel protagonista o nei protagonisti.

Prendiamo come esempio il film Thelma e Louise: al momento della crisi le due donne affrontano con coraggio il minore dei due mali: prigione o morte. Si guardano negli occhi e prendono la decisione di buttarsi con l’auto nel Gran Canyon. Questa ultima scena è il climax del film.

Di solito crisi e climax si verificano negli ultimi minuti e nella stessa scena.

La prima stesura di qualsiasi cosa è merda

Ernest Hemingway

5. Risoluzione finale

La risoluzione finale, il quinto elemento della struttura in cinque parti, è costituita da tutto il materiale rimasto dopo il climax.

Ad esempio potrebbe essere costituita dalla scena con cui culmina una sottotrama non portata a termine.

Oppure potrebbe mostrare gli effetti che seguono il climax giustificando la curiosità del pubblico. Si tratta di una sorta di gesto di cortesia verso il pubblico per evitare di sfumare sul nero e far scorrere i titoli di coda.

Consigli finali: l’arte di scrivere storie.

Una storia è l’incarnazione delle nostre idee e delle nostre passioni

Edmund Husserl
  • Quando una storia è debole inevitabilmente la causa è da cercare nella debolezza delle forze antagoniste. Va rafforzato il lato negativo della storia. Bisogna chiedersi: Quali sono i valori positivi? Qual è quello preminente che fa svoltare il climax della storia? E le forze antagoniste esplorano tutte le sfumature della negatività? Raggiungono in qualche punto il livello potente della negazione della negazione?
  • Mostrate, non raccontate. Non ficcate mai a forza nella bocca di un personaggio le parole per raccontare al pubblico il mondo e la storia. Non includete mai nulla che il pubblico possa ragionevolmente supporre che sia successo. È facile da dare come consiglio ma è difficilissimo da mettere in pratica.
  • Non è un compito facile ma va mantenuta la curiosità del pubblico fino alla fine.
  • Non usate mai la coincidenza per far svoltare un finale. È da usare solo se c’è il tempo per trarne un significato.
  • Dopo aver scritto una storia, riducete ogni evento ad una o due frasi in cui si dice ciò che accade e nient’altro. Dopo leggete tutti questi eventi e chiedetevi: “È ben narrata questa storia?” Nove volte su dieci scroprirete che non lo è. Raccontare è un mestiere difficile.
  • Quando un personaggio o un protagonista si comporta in un certo modo chiedetevi: “Cosa vuole questo personaggio ora? Ne è consapevole o lo vuole incosapevolmente?”. Servono risposte sincere e chiare. I personaggi non devono recitare battute tese a spiegarci come sono i personaggi, ne uscirebbe fuori una storia noiosa.
  • I personaggi ben construiti sono pieni di contraddizioni, hanno più di una dimensione. Non si rivelano facilmente.
  • È un errore copiare sulla pagina una vita così come traspare.
  • Il dialogo deve avere il sapore della conversazione quotidiana, ma un contenuto ben al di sopra del normale. Deve esprimere il massimo nel minor numero di parole possibile. Ogni scambio di battute deve far svoltare le battute di una scena in una direzione o nell’altra. Ogni dialogo deve avere uno scopo
  • Chiedetevi sempre: “Se io fossi questo personaggio in questa circostanza, cosa farei?”

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Chi è Robert Mckee?

arte di scrivere storie Story Robert McKee

Robert McKee è un docente di scrittura e creatività, tra i più rinomati al mondo. È l’autore di quella che viene considerata “la Bibbia della sceneggiatura”, Story, Substance, Structure, Style and the Principles of Screenwriting. I suoi articoli e le sue interviste sono comparsi su numerosi giornali e riviste in tutto il mondo, compresi “The New Yorker”, “Vanity Fair”, “New York Times”, “Washington Post”, “Figaro”, “Sueddeutsche Zeitung”, “Harvard Business Review”, “Wall Street Journal”, “The Guardian”, e “Fast Company”.

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